Lunedì 11 settembre l’IIT-CNR si è ufficialmente connesso a SLICES-RI, l'infrastruttura di ricerca europea che ha l'obbiettivo di garantire la replicabilità degli esperimenti di ricerca informatica.
Da ieri, lunedì 11 settembre, l’IIT-CNR è ufficialmente connesso alla infrastruttura di ricerca europea SLICES-RI, dopo una fase di studio e di test durata settimane. Il lavoro operativo di messa in rete delle macchine CNR è stato condotto dal giovane ricercatore Tathagata Maiti con la supervisione di Andrea Passarella, responsabile dell’unità di ricerca Ubiquitous Internet, e dei colleghi della UdR Raffaele Bruno e Claudio Cicconetti.
Cerchiamo di capire meglio di cosa si occuperà questo progetto europeo trentennale, che ha l’obiettivo di costruire un’infrastruttura di ricerca per gli informatici europei che studiano le reti.
Partiamo dal definire cos’è un’infrastruttura di ricerca e perché è importante per una disciplina scientifica. “Praticamente tutte le discipline scientifiche, come la fisica ma anche le scienze umane e le scienze ambientali, hanno loro infrastrutture di ricerca, ovvero un insieme di infrastrutture fisiche e intellettuali condivise” ci spiega Passarella. “L’esempio più famoso di infrastruttura di ricerca è il CERN di Ginevra. Un fisico delle alte energie o delle particelle con un’ipotesi particolarmente interessante da testare va al CERN perché è lì la struttura sperimentale di riferimento internazionale dove si possono fare i test”.
L’importanza di queste infrastrutture, che permettono di creare sinergie tra i diversi enti di ricerca, è riconosciuta anche dalla Commissione Europea e dalle diverse nazioni, che hanno quindi dei programmi specifici per finanziarle. L’informatica è sempre stata presente, ma con un ruolo fino ad ora di servizio: “L’informatica è sempre presente nelle infrastrutture di ricerca, semplicemente perché hai bisogno di reti per scambiarti i dati, di sistemi per immagazzinarli, per analizzarli. Però per ora nessuna delle infrastrutture di ricerca esistenti era rivolta alla comunità scientifica degli informatici e di chi sviluppa reti per scopi di ricerca”.
Ed è qui che entra in gioco SLICES: “ESFRI è il programma europeo per la realizzazione delle infrastrutture di ricerca, e recentemente ha creato una divisione chiamata DIGIT, per finanziare infrastrutture destinate proprio alla comunità degli informatici. Perché l’informatica è una scienza di per sé, con un proprio valore scientifico, oltre quello di servizio alle altre scienze. Dall’ultimo round di finanziamenti sono state approvate due nuove infrastrutture in questo ambito: SoBigData e, appunto, SLICES“.
Ma in cosa consiste, nel dettaglio? “SLICES vuole creare una infrastruttura distribuita costituita da un network di laboratori di rete, in alcuni casi costruendoli, in altri integrando ed evolvendo quelli che esistono già, con l’obiettivo di fare ricerca sulle reti del futuro a livello europeo. In giro per l’Europa ci sono tanti gruppi che negli anni hanno sviluppato tecnologie di rete all’avanguardia e sistemi per testarle. I ricercatori impegnati nella ricerca ad esempio per il Beyond 5G e il 6G (ormai il 5G per noi è una cosa acquisita, non è più un argomento di ricerca, ma una tecnologia commercializzata), che magari vorranno studiare un nuovo algoritmo, potranno farlo sfruttando SLICES. In questo modo, usando un’infrastruttura nota, gli esperimenti risultano replicabili, con dati trasparenti, condivisi con la comunità e basati su strumentazione all’avanguardia e metodi standardizzati”.
La replicabilità degli esperimenti, uno dei capisaldi del metodo scientifico, è un obiettivo fondamentale di SLICES. “In fisica è normale che un esperimento fatto da un ricercatore sia poi replicabile da altri gruppi di ricerca. Nell’informatica è particolarmente complicato ottenerla, soprattutto nel mondo delle reti, per problemi oggettivi di complessità. Se io devo fare, ad esempio, un esperimento in cui dimostro che un algoritmo su una rete wireless funziona meglio di quello che c’è adesso, è molto, molto complicato riprodurre poi le stesse condizioni dell’ambiente wireless su cui io ho fatto l’esperimento. Dipende da quante persone c’erano lì nel laboratorio, quando ho fatto questo esperimento, dall’umidità che c’era nell’aria. Ci sono tantissimi fattori e condizioni al contorno, che rendono la riproducibilità un problema“. Le infrastrutture di ricerca, da questo punto di vista, aiutano molto nel gestire le condizioni in cui si svolgono gli esperimenti, e quindi la loro riproducibilità.
SLICES, come tutti i progetti ESFRI, ha una prospettiva di lungo periodo, in questo caso trentennale, che include una lunga fase preliminare. “C’è una prima fase di design dell’infrastruttura, che abbiamo già terminato. Al momento siamo formalmente nella fase di preparazione, dove ci si assicura di avere i fondi e le strutture di governance e gestionale per costruire l’infrastruttura, oltre che le procedure legali per farlo”. Questa fase è necessaria perché, a differenza di altri programmi europei, ESFRI non finanzia direttamente i suoi progetti, che devono quindi trovare i fondi da altre parti. Nel caso di SLICES, ci sono vari progetti finanziati dai programmi di ricerca europei, come Horizon Europe, che supportano lo sviluppo dell’infrastruttura nel suo complesso. Il nodo italiano è coinvolto in SLICES DS (Design Study, da poco concluso), SC (Starting Community) PP (Preparatory Phase), oltre che in due nuovi progetti (GreenDIGIT e SUNRISE-6G) che inizieranno tra la fine del 2023 e il 2024.
“Il grosso deve venire però dai singoli stati membri, che si impegnano a finanziare il progetto, riconoscendone l’importanza strategica“. Nel caso italiano, i gruppi coinvolti stanno sfruttando finanziamenti PNRR per sviluppare componenti che confluiranno all’interno del programma SLICES, sfruttando significative sinergie con l’infrastruttura di ricerca SoBigData (l’altro progetto approvato in ambito ESFRI-DIGIT), nonché con il Partenariato Esteso RESTART sulle Telecomunicazioni del Futuro.
In parallelo alla fase di preparazione, comincerà poi anche la fase implementativa: “Circa a metà della preparation parte l’implementation, che dura tra i 3 e i 5 anni, e si occupa di creare effettivamente l’infrastruttura. Solo dopo tutto questo arriva il grosso del progetto, ovvero la fase di operation”. Durante i successivi vent’anni operativi l’infrastruttura verrà costantemente aggiornata.
L’effettiva implementazione passa per lo sviluppo, da parte di ogni Stato, di un nodo nazionale, che parlerà poi con gli altri nodi. “Noi come CNR siamo coordinatori del nodo nazionale di SLICES. Siamo affiancati in questo progetto dal CNIT e dal CINI, i consorzi universitari per la telecomunicazione e l’informatica, rispettivamente”. Alcuni componenti della rete nazionale sono già presenti, come il laboratorio per il 5G dell’Università di Genova, che partecipa come membro del CNIT. “Noi dell’IIT stiamo potenziando i nostri laboratori, per realizzare il sito CNR a Pisa, che sarà completato nei prossimi tre anni“.
Una delle cose più complesse sarà armonizzare i diversi laboratori già esistenti nell’ottica della visione tecnologica unificante definita in SLICES. Rispetto a quelli nuovi, tali laboratori hanno delle specificità di cui tenere conto: “L’ambiente di ricerca è molto eterogeneo, ci sono laboratori di test con diversi livelli di evoluzione, è difficile trovare una soluzione per integrarli che vada bene a tutti. Un laboratorio già esistente, come quello di Genova, non è che si può buttare per rifarlo da zero con le caratteristiche più comode per tutti gli altri partner, bisogna tenere conto dei singoli investimenti, esperienze, e competenze. Magari le cose fatte da un nodo non sono saranno al 100% compatibili con quelle fatte, ad esempio, dai nodi francesi, e qui entra in gioco il grosso sforzo di SLICES per armonizzare queste differenze nel modo migliore possibile, mantenendo una forte proiezione sul futuro, che garantisca la piena operatività dell’infrastruttura nei prossimi trent’anni rimanendo allineati alla continua evoluzione della ricerca nel settore di Internet“.