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La matematica del genoma

Romina D’Aurizio, matematica con la passione per la medicina, ci racconta come la bioinformatica può aiutare la ricerca in ambito oncologico

“Con il lavoro sono riuscita a mettere insieme le mie due passioni: la matematica e la medicina”. Romina D’Aurizio, ricercatrice dell’unità di ricerca Algorithms and Computational Mathematics dell’IIT-CNR, è riuscita a trovare l’anello di congiunzione tra il mondo dei numeri e quello di camici e provette nella bioinformatica. La disciplina è esplosa negli ultimi anni grazie all’introduzione di nuove tecnologie e all’avvio di collaborazioni internazionali. 

“Per prima cosa, l’introduzione di sequenziatori di seconda generazione, una decina di anni fa, ha permesso di profilare a livello genomico tanti campioni in modo relativativamente veloce rispetto al passato”, spiega D’Aurizio. Il sequenziamento è quell’operazione che permette, a partire da un campione di materiale biologico (come il sangue o la saliva), di ricostruire il profilo genetico di una persona. “Poi, c’è da dire che oggi esistono banche dati molto vaste e condivise dalla comunità scientifica internazionale, che ci permettono di avere sempre un confronto tra i nostri dati e uno standard di riferimento, come il genoma umano, prosegue. 

Capire la malattia

“Mi occupo di ricerca in ambito oncologico, più precisamente medicina di precisione, collaborando con vari enti tra cui l’Università di Firenze e l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano”. D’Aurizio si divide tra Siena, città dove vive e dove si trova il Toscana Life Sciences, che la ospita per la sua attività di ricercatrice, e Pisa, dove lavorano i colleghi del gruppo. 

La ricercatrice sviluppa metodi utili a sfruttare a pieno le potenzialità del sequenziamento: “Oggi sequenziare costa meno rispetto a qualche anno fa, ma si tratta ancora di una pratica troppo dispendiosa per entrare nella routine clinica”. Così succede spesso che ad essere profilato è solo un piccolo sottoinsieme del genoma.Abbiamo sviluppato un algoritmo che utilizza anche altri dati, che di solito vengono scartati, capace di identificare regioni del Dna con anomalie nel numero di copie. Queste anomalie possono essere coinvolte in moltissime patologie, come tumori, malattie neurodegenerative, dello sviluppo e cardiovascolari.”

Ricerche e collaborazioni

Tra i vari studi c’è quello in collaborazione con Università degli Studi di Firenze e l’Istituto Europeo di Oncologia: “Lavoriamo su pazienti reali con tumore al seno. L’obiettivo è ottenere un quadro preciso delle caratteristiche del tumore sequenziando solo circa 100-200 geni chiave. A quel punto si può fare un confronto con la mappatura tumorale internazionale open access Atlas e capire la risposta a determinate terapie”. Questo passaggio si rivela molto utile per inserire i dati dei singoli pazienti in un quadro più generale, mondiale. Così, anche un piccolo laboratorio può avere tanti dati a disposizione e contribuire, a sua volta, ad alimentare il database. “Ogni volta che c’è una pubblicazione rendiamo disponibili i dati, questo vale anche per i nostri esperimenti che facciamo a Pisa”, sorride D’Aurizio.

Confrontando i loro dati con quelli del genoma Atlas, D’Aurizio e colleghi sono riusciti a classificare meglio i tumori, capendo più nel dettaglio i geni interessati e le mutazioni, per seguire un approccio più mirato nella terapia. Siamo nel campo della medicina di precisione, che cerca di adattare la terapia in base alle caratteristiche del singolo paziente.

Le ricerche della matematica non sono limitate al Dna: “Studio anche altri elementi della cellula, i microRna, pezzettini di materiale genetico che non hanno un ruolo nella produzione di proteine, ma una funzione regolativa sui geni”. Recentemente si è scoperto che questi elementi hanno un ruolo in certi tumori, tra cui il melanoma, e nei meccanismi di resistenza ai farmaci: “Si possono rilevare in modo non invasivo nel sangue e sono marcatori di quello che sta succedendo nel tessuto e nelle cellule. Studiarli può aiutarci ad adattare la terapia farmacologica, spiega.

Grazie alla bioinformatica si possono capire meglio anche altre malattie, dalle malattie genetiche rare ai disordini dello sviluppo neuronale: “Per le prime ho una collaborazione in corso con i genetisti del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, con i quali stiamo cercando di migliorare l’identificazione di una classe difficile di varianti strutturali genomiche (le porzioni del genoma che differiscono da individuo a individuo) usando tecniche di machine learning. Sui disordini dello sviluppo neuronale sto lavorando, in coppia con una genetista dell’Università di Milano Bicocca, su una tecnologia nuovissima, che permette di mettere in relazione regioni cromosomiche molto lontane sul genoma e studiare se le alterazioni di queste regioni abbiano un impatto sulle malattie”.

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