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Dalle pagine web allo studio del genoma umano

Marco Pellegrini applica tecniche informatiche nel campo della biologia, per studiare come sono fatti e come funzionano i geni dei pazienti

Marco Pellegrini, dirigente di ricerca presso l’unità Algorithms and Computational Mathematics dell’IIT-CNR, ha studiato ingegneria elettronica e informatica. Nella sua carriera si era sempre occupato di informatica nel senso classico del termine.
“Studiavo algoritmi e complessità. Nei primi anni 2000 facevo information retrieval sulle pagine web e sui video”, ricorda. Semplificando al massimo, chi lavora nell’information retrieval si occupa della gestione delle informazioni (per esempio testuali) in modo da agevolare l’utente nel trovare le informazioni che sta cercando. 

“A un certo punto però mi sono accorto che quelle tecniche si potevano applicare anche in altri ambiti”. In particolare, in occasione di un convegno a Bruxelles, Pellegrini realizza che alcuni problemi della bioinformatica erano molto simili a quelli del web: “In ogni cellula del nostro corpo ci sono circa 25.000 geni espressi, una valanga di dati. Alcuni di questi geni hanno delle caratteristiche in comune, per esempio concorrono a realizzare la stessa funzione”. Gli informatici parlano di clustering per descrivere il raggruppamento dei dati che hanno una qualche somiglianza. Ed è esattamente ciò che fanno in genere i biologi quando, per studiare il funzionamento dei geni, mettono insieme quelli che fanno la stessa cosa.

Migliorare le terapie

Nell’ambito della bioinformatica, il ricercatore collabora con l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR: “Partiamo da dati di pazienti reali per migliorare le terapie per combattere il tumore alla prostata”

La ricerca ha per protagonista un farmaco molto utilizzato in questo tipo di tumore, che però ha un limite: dopo un po’ di tempo non funziona. I medici parlano di “resistenza” al farmaco per indicare questa riduzione dell’efficacia di un trattamento. “La domanda a cui cerchiamo di dare risposta è: si può capire in anticipo se si sta per sviluppare resistenza, in modo da sospendere per tempo l’assunzione?”, spiega Pellegrini. 

Siamo nel campo della trascrittomica, la disciplina che studia il comportamento dei geni. Gli esperimenti hanno previsto il prelievo di materiale biologico (fialette di sangue), poi inserito in macchinari che eseguono il sequenziamento. In pratica, il macchinario restituisce una serie di tabelle che descrivono come stanno funzionando i geni. Analizzando questi dati, gli informatici sono in grado di capire quali geni sono coinvolti nella resistenza, distinguendoli dagli altri. “Noi facciamo una previsione, poi sono i biologi a validare i risultati attraverso studi clinici. Ma spesso ci indoviniamo”, sorride.

Per arrivare a risultati concreti ci si deve armare di pazienza, perché la validazione è un processo lungo, fatto da continui scambi tra i ricercatori. Senza perdere di vista la consapevolezza che, contro certe malattie, ogni risultato è importantissimo, anche quello che risponde a una casistica con percentuali molto basse.

C’è poi il tema dell’errore. Nelle tecniche di analisi messe a punto dagli scienziati, la statistica ha un ruolo da protagonista. “Quando ci limitavamo a studiare il web, gli errori di misurazione erano praticamente trascurabili: se in testo trovi la parola pallone è molto probabile che lì si stia parlando di calcio” spiega Pellegrini. “Nel corpo umano, invece, le cose sono diverse, c’è molto rumore di cui non si può non tenere conto”.

Com’è fatto il gene?

Sotto la lente della ricerca di Pellegrini e colleghi non c’è solo il funzionamento dei geni: “Nella trascrittomica si può vedere il funzionamento dei geni, come osservare un motore. Ma le dinamiche sono legate alla genomica, che invece descrive come sono fatti i geni

In pratica, si fa un passo indietro, cercando di capire se il gene c’è o no, o se ci sono variazioni non gli permettono di funzionare correttamente. Per esempio, nel caso dei tumori, variazioni importanti indicano che quella certa funzione genetica è stata alterata “E quindi è lì che dovrà andare ad agire il farmaco”, spiega Pellegrini.

Questa sfida affascinante è sotto certi punti di vista più difficile. Nella genomica ci sono 3 miliardi di basi, contro 25.000 geni della trascrittomica. “C’è un problema di gestione dei dati. In mezzo a tante informazioni, trovare quello che sto cercando è come cercare un ago in un pagliaio” illustra.

Tanti i progetti passati e quelli in corso per Pellegrini e il suo gruppo di ricercatori, che hanno permesso di capire qualcosa di più dei meccanismi di malattie anche molto diverse, come la Sla o il Morbo di Parkinson

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